Chiesa di San Giorgio Megalomartire

La chiesa parrocchiale dedicata a San Giorgio Megalomartire sorge nei pressi dell'antica chiesa del monastero. L'edificio, edificato nel 1712, è in stile barocco con pianta a tre navate, due cappelle laterali sormontate da cupole italo-greche.

Descrizione

Chiesa parrocchiale "San Giorgio Megalomartire"

La Chiesa è una costruzione in stile barocco del 1700 che si presenta a tre navate, addossate ai lati da due cappelle in stile italo – greco e da una imponente torre campanaria sormontata da una cuspide in stile bizantino.
Sorta in stile romano, secondo gli obblighi della chiesa imposti dai vescovi da cui dipendeva, dopo la creazione della Eparchia di Lungro, grazie a diverse opere di restauro promosse dai parroci, la Chiesa è stata man mano adattata alle esigenze della tradizione bizantina.
Negli ultimi decenni l’opera di restauro si è fatta imponente e attualmente la Chiesa è considerata uno dei migliori esempi di integrazione della esigenza liturgica bizantina in una struttura che fu realizzata secondo i canoni della tradizione romana.

Interno

L’interno si mostra con le navate completamente affrescate in stile iconografico orientale, mentre le pareti sono ornate da numerose icone raffiguranti eventi della vita di Gesù, della Madonna e dei santi. Nella navata centrale sono presenti tre grandi lampadari di preziosa fattura provenienti dalla Grecia. Il lampadario centrale chiamato polieleos (molto misericordioso), di forma maestosa, è circondato da un grande cerchio chiamato choròs (coro) riportante molte effigi di santi. Questo è posto sotto l’immagine del Cristo Pantocrator (che può e sorregge tutto) e ne rappresenta la misericordia che si diffonde con l’intercessione dei santi.

L'iconostasi

L’altare di forma quadrata è nascosto da una parete lignea chiamata iconostasi, ornata da icone di Cristo e della Vergine Maria seduti in trono, da una raffigurazione dell’Ultima Cena e da alcuni tondi raffiguranti i quattro Evangelisti e l’Annunciazione. Tre porte, di cui quella centrale di maggiori dimensioni (chiamata Porta Bella), permettono l’accesso all’altare e vengono aperte solamente nelle celebrazioni liturgiche. Elemento caratteristico delle chiese di rito bizantino, l’iconostasi mette in evidenza il mistero di Dio che si mostra (le icone a fronte sono simbolo della Sua incarnazione) e allo stesso tempo rimane nascosto (la presenza misteriosa sull’altare).

L'icona

L’Icona
La chiesa parrocchiale è ricca di icone (icona deriva dal greco eikôn e significa letteralmente "immagine", "ritratto"), ossia di pregevoli raffigurazioni sacre della vita di Gesù, della Vergine Maria, degli Angeli, dei santi. Sintesi degli elementi delle tradizioni teologiche, spirituali e liturgiche delle chiese orientali, in special modo di quella bizantina, l’icona è un'opera di estrema bellezza, destinata principalmente al culto e alla preghiera dei fedeli.
Una icona è bella per la Verità che mostra: più riesce in questo intento, più l’icona è valida teologicamente. Per chi la contempla è una finestra aperta dal mondo del divino, poiché trasfigura e spiritualizza tutto ciò che in essa è raffigurato. A differenza dell’arte religiosa occidentale, dove molto viene affidato all’estro dell’artista che nella sua sensibilità plasma la raffigurazione, l’icona è realizzata secondo tecniche, stili, colori e modelli ben determinati che ne esprimono precisi significati.
La discesa agli inferi
Questa icona sintetizza il mistero della salvezza realizzata da Gesù Cristo. Il Verbo, la II persona della Trinità, con la sua incarnazione assume la natura umana e attraverso il suo mistero pasquale (morte e risurrezione) la risolleva misticamente, divinizzandola.
Al centro dell’icona c’è il Cristo glorificato che scende agli inferi, ne distrugge le porte (raffigurate sotto i suoi piedi) e prende dai polsi, strappandoli dai loro giacigli, Adamo ed Eva, progenitori e rappresentanti dell’umanità decaduta con il peccato. Egli li risolleva dalla situazione e dalla conseguenza della caduta, elargendo il dono specifico della Risurrezione: lo Spirito Santo, che viene dato all’umanità per l’unica sua mediazione. L’uomo con Cristo è l’uomo nuovo, realizzato e inserito con lo Spirito Santo nella dimensione della vita divina.
“La più ampia dei cieli”
Quando l’Arcangelo Gabriele apparve a Maria per annunciarle che diverrà la Madre di Dio, la salutò con le seguenti parole: «rallegrati, o piena di grazia». Questa espressione è la chiave di volta per interpretare tutto il mistero mariano nella economia della salvezza. È piena di grazia perché è piena dello Spirito Santo che scenderà in lei e le farà concepire il Verbo eterno. Il suo seno diventerà dimora di un bambino che è il Dio dei secoli. Tutto per opera dello Spirito Santo.
L’icona mostra Maria nella sua maestà di Madre di Dio, avvolta nel Maforion e rivestita della tunica splendente, in atteggiamento orante. Nel centro del suo seno, in un cerchio, vi è inscritto il bambino Gesù, che è stata capace di contenere nel suo piccolo grembo. Mentre i cieli nella loro pienezza e profondità non sono capaci di contenere il Dio immenso, lei, Maria, è riuscita a contenerlo nel suo piccolo seno. Ecco quindi il significato del titolo “più ampia dei cieli”, in greco, platitera ton uranon.
San Giorgio Megalomartire
Nelle icone più antiche il santo è raffigurato senza cavallo, in piedi, in vesti militari e con aspetto giovanile. Nel tardo medioevo venne dipinto a cavallo con il mantello rosso al vento, nell’atto di brandire la lancia con cui uccidere un drago e liberare una fanciulla. È il caso dell’icona qui raffigurata. Il santo, con la potenza della sua fede e con la testimonianza del martirio, libera la chiesa dal paganesimo, simboleggiato dal drago che viene ucciso. Il martirio collega il santo alle sofferenze di Cristo perché, come il Maestro, Giorgio ha offerto sé stesso come olocausto vivente.
L’icona vuole evidenziare la fede del martire che si traduce nel servizio agli altri fratelli, liberandoli (la fanciulla liberata simbolizza la chiesa) da qualsiasi elemento che ostacola il trionfo della verità. San Giorgio martire annuncia che la libertà è Cristo stesso, il solo capace di liberare l’uomo nella sua totalità.

Cappella di San Giorgio

Le due cappelle laterali sono dedicate ai santi patroni, ossia san Giorgio megalomartire e la Madonna del Rosario e ne contengono le statue lignee di scuola napoletana di pregevole fattura. In particolare la cappella di san Giorgio, nell’ultimo restauro è stata decorata di pregevoli affreschi di scuola cretese e di un bellissimo lampadario in stile bizantino.

La Festa Patronale

La festa patronale di san Giorgio è uno degli avvenimenti principali dell’anno che coinvolge tutta la comunità. I festeggiamenti iniziano il ventidue di aprile, quando tra l'immensa folla, la statua del santo è portata dalla cappella a lui dedicata al centro della Chiesa, accompagnata nella sua breve processione dal suono delle locali bande musicali che per l'occasione intonano nuove marce sinfoniche. Atteso il buio della sera, una delle due bande musicali si dirige in Chiesa dove va a ricevere la benedizione del santo e suonando, compie il giro delle vie nelle quali il giorno dopo, passerà la processione. Nelle gjitonie (vicinato) si accendono grandi falò preparati dalla gente del posto che, attendendo i suonatori con in mano una bottiglia di vino e i taralli, festeggiano la ricorrenza dell’onomastico, poiché in ogni buona famiglia sangiorgese c’è qualcuno che in quel giorno festeggia il proprio onomastico.

La Festa Grande

Il mattino seguente, giorno della festa, la gente è risvegliata dagli scoppi dei fuochi pirotecnici e il suono delle campane a festa che annunciano l’inizio della Liturgia. Tra le bancarelle di Via Roma e gli auguri ai tanti Giorgio, la gente si dirige in Chiesa e tutti si preparano all’avvio della processione che viene preceduta da un grande stendardo tenuto in mano con maestria da alcuni preposti. L’effige del santo esce dalla Chiesa e tra il suono delle campane, i fuochi pirotecnici e le bande musicali, l’atmosfera si fa carica di emozioni. La processione ha inizio e i balconi delle case si presentano rivestiti di maestose coperte, messe lì a salutare in modo regale il passante tanto illustre. Finita la processione tutti si recano nelle case per festeggiare questo giorno con un pranzo solenne e tra i brindisi fatti in onore dei Giorgio, si giunge alla sera, che trascorre lieta, passeggiando e salutando gli amici di sempre e quelli che per l’occasione della festività sono rientrati in paese.
I primi giorni del mese di maggio sono dedicati ai preparativi della festa e madhe (festa grande): il corso principale si riempie di luci, le bande musicali affilano le loro opere e la gente commenta la scelta dei cantanti. Il sabato precedente la seconda domenica di maggio riaprono i festeggiamenti e una delle bende musicali, compiendo il giro notturno, indica il percorso che sarà della processione del giorno dopo, mentre in piazza un gruppo musicale allieta i numerosi presenti. La mattina seguente, giorno della festa e madhe, tutti vanno in Chiesa ad attendere l’avvio della processione che per l’occasione è organizzata in modo solenne. La statua di san Giorgio ripercorre le vie del paese e viene accolta dalla gente che offre confetti e doni pregiati, come le donne anziane, che lasciano al santo il loro costume arbëresh in segno di protezione e di misericordia. La sera, la gente accorre anche dai paesi vicini e tutti attendono di ascoltare il concerto di un cantante o di un gruppo famoso e di vedere i grandi fuochi pirotecnici. Nel frattempo tutti si accalcano tra le bancarelle di Via Roma salutando i conoscenti e intrattenendosi con gli amici davanti ad un bicchier di vino.
Con la terza domenica di maggio, giorno dell’ottava, si concludono i festeggiamenti. La sera precedente una delle due bande aveva fatto il grande concerto e di sera la segue l’altra. Il giorno trascorre come i precedenti con la processione, i fuochi pirotecnici, le bande musicali.
Il successivo lunedì verso le cinque di sera tutti si ritrovano in Chiesa, dove tra l’emozione di molti la statua viene riposta nella sua cappella. Il parroco a fine celebrazioni fa il resoconto della festa e tutti ne commentano i risultati. Più tardi, accompagnati dalle marcette festose delle bande musicali, come fu la sera del ventidue di aprile, tutti si recano in piazza perché è giunto il momento della riffa dei galli, che i devoti al santo hanno offerto in segno di riconoscenza e di protezione. Molti dei presenti si preparano per fare le offerte e si organizzano in gruppi per accaparrarsi uno dei galli, per poi gustarlo in una serata da trascorrere in allegra compagnia.

La voce dell'Oriente

Molte comunità arbëreshe conservano il tesoro della tradizione liturgica bizantina come modo di esprimere e vivere la fede cristiana. Questa tradizione si è formata lungo i secoli a Bisanzio (da cui bizantina) che diventa poi Costantinopoli, la capitale dell’Impero Romano d’Oriente dal 330 al 1453. Durante il Medioevo altre Chiese hanno assunto questa eredità spirituale, teologica e liturgica, facendola diventare la più diffusa in tutto l’Oriente cristiano (basti pensare ai grandi Patriarcati di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme e, nei secoli successivi, la Russia, Romania, Serbia, Bulgaria, Albania …).
Nel 1054 le diversità sociali culturali e politiche portarono alla separazione tra la Chiesa Romana e la Chiesa Bizantina. I motivi di questa rottura sussistono nelle diverse interpretazioni di alcuni passi del Nuovo Testamento, specialmente riguardo al ministero dell’Apostolo Pietro assunto dal Papa di Roma. Nei secoli successivi le due Chiese hanno cercato di riavvicinarsi e furono fatti vari tentativi di unione, tra i più celebri quello del concilio di Ferrara - Firenze (1431-1442), che rappresentò per i nostri avi arbëreshë la possibilità di essere accolti nel territorio italiano come fratelli della stessa fede. Così, anche se l’espressione liturgica era ed è tutt’ora differente, le nostre comunità, che per origine vengono dall’Oriente, oggi sono in comunione con il Papa nella Chiesa Cattolica.
La parrocchia di San Giorgio Albanese fa parte della Eparchia (Diocesi) di Lungro, istituita il 13 febbraio 1919 da papa Benedetto XV, affinché le comunità Arbëreshë che ancora mantenevano la tradizione liturgica, teologica e spirituale bizantina, potessero essere organizzate sotto la guida spirituale di un unico Vescovo. Esse precedentemente erano sottoposte alla giurisdizione di più Vescovi di rito Romano che non sempre accettavano la loro diversità di costumi, lingua ed espressione religiosa.

Liturgia eucaristica bizantina

Con il nome di “Divina Liturgia” sono indicate le celebrazioni eucaristiche delle Chiese legate all'eredità teologica, liturgica e culturale della Chiesa di Costantinopoli. Tra le liturgie orientali, quella bizantina è tra le più conosciute in Occidente, soprattutto per il diffondersi di Chiese Cattoliche Orientali di rito bizantino e Chiese Ortodosse. Normalmente per il culto eucaristico si usano due anafore (liturgie): quella detta di San Giovanni Crisostomo, di uso quotidiano e quella detta di San Basilio che, per la sua solennità viene celebrata dieci volte l'anno, (la vigilia del Natale, la festa di San Basilio, la vigilia dell'Epifania, le cinque domeniche di Quaresima, il Giovedì Santo, il Sabato Santo). Durante la Quaresima, il mercoledì e venerdì si celebra la Liturgia dei Doni Presantificati (detta anche di san Gregorio Magno) che è un ufficio vespertino con la comunione all’Eucaristia consacrata il giorno festivo precedente. In alcuni luoghi, una volta all'anno, il 23 ottobre, si celebra la Liturgia di San Giacomo di tradizione gerosolimitana.

Modalità di Accesso

E' garantita l'accessibilità e l'inclusività per tutti i cittadini. Per questo, sono state adottate diverse misure per facilitare l'accesso e la fruizione dei servizi da parte delle persone con disabilità.

Contatti

Comune di San Giorgio Albanese
Telefono

0983 86396

Fax

0983 86025

PEC

protocollo.sangiorgioalbanese@asmepec.it

Luogo

Via Roma, 23, San Giorgio Albanese (CS), 87060, Comune di San Giorgio Albanese

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